LO STRANO CASO DI GIPSY ROSE E DEE DEE BLANCHARD

| Criminologia, Psicologia

PREMESSA

Troppo spesso si sente parlare di abusi su minori ed in tali casi si pensa immediatamente a violenze sessuali oppure a maltrattamenti fisici che possono consistere in esasperate punizioni quali isolare il minore in una stanza, picchiarlo e/o insultarlo ma purtroppo non sono gli unici abusi che vengono perpetrati a danno dei minori.

Negli anni Ottanta il IV Colloquio Criminologico di Strasburgo del consiglio europeo, ha indicato l’abuso come quell’insieme di atti “in grado di turbare gravemente il bambino, attentando alla sua integrità corporea e al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale”.

LA SINDROME DI MUNCHAUSEN PER PROCURA

Un comportamento rientrante pienamente in questa definizione, anche se meno conosciuto, è determinato da un disturbo chiamato “sindrome di Munchausen per procura” ormai noto nel DSM 5 come disturbo fittizio provocato da altri.

È necessario precisare che si tratta di un comportamento che riguarda principalmente la madre e la cui sintomatologia è caratterizzata da:

A. Falsificazione di segni o sintomi fisici o psicologici, o induzione di un infortunio o di una malattia in un altro individuo, associato a un inganno accertato.
B. L’individuo presenta un’altra persona (vittima) agli altri come malata, menomata o ferita.
C. Il comportamento ingannevole è palese anche in assenza di evidenti vantaggi.
D. Il comportamento non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale, come il disturbo delirante o un altro disturbo psicotico.

Inoltre studi psichiatrici ritengono che la manipolazione del bambino porta a far sì che quest’ultimo finga la sua malattia.

Il prof. Fornari in Trattato di psichiatria forense, sostiene che “di solito, il bambino, che è accompagnato da diversi medici con frequenza eccessiva e immotivata e con richieste prescrittive e angoscianti da parte di un genitore erroneamente convinto che il proprio figlio sia malato, collude con il genitore e simula la malattia, i cui sintomi scompaiono quando il bambino è separato dal genitore che ‘fabbrica’ e ‘manipola’ la sua condizione di malattia”.

LA STORIA DI GIPSY ROSE

Quanto descritto sembrerebbe ciò che è avvenuto a Gipsy Rose, vittima di una madre affetta da sindrome di Munchausen per procura, e dalla quale è sfuggita attraverso una macabra vendetta conclusasi con l’uccisione della donna che per lunghi anni aveva abusato di lei.

Ma vediamo chi è Gipsy Rose.

Gipsy nacque nel 1991 nella Louisiana attraverso un complesso parto prematuro che sembrava avesse inciso sulla struttura finale del cranio. Danno in realtà poi non riscontrato.

La madre Dee Dee Blanchard, affetta dal grave disturbo comportamentale di cui abbiamo detto sopra, cominciò a portare  la figlia all’età di 3 anni all’Ospedale, inizialmente sostenendo che la stessa soffrisse di apnee notturne.

La piccola più volte venne sottoposta a monitoraggio del sonno con apparecchiature mediche.

Sosteneva anche che la bambina soffrisse  di distrofia muscolare e di una non ben specificata malattia cromosomica.

La situazione cominciò a precipitare allorquando Gipsy cadde dalla motocicletta del nonno all’età di 8 anni, riportando lievi abrasioni al ginocchio che però secondo la madre necessitavano di cure tali per cui la bambina venne sottoposta a diverse operazioni chirurgiche finendo confinata sulla sedia a rotelle.

I nonni di Gipsy Rose che vivevano nella stessa abitazione, vedevano, invece che la bambina non era malata e che ben poteva fare a meno della sedia a rotelle. A quel punto affrontarono la figlia Dee Dee, chiedendole spiegazioni.

Di tutta risposta la madre , sentendosi alle strette, decidette di trasferirsi con Gipsy in un piccolo appartamento.

Si riuscì a mantenere attraverso gli assegni di invalidità che otteneva per la figlia, allontanando totalmente il padre della bambina, che sebbene se ne fosse già andato di casa, quando Gypsy era molto piccola, comunque continuava a mandare costantemente dei supporti economici.

Inizialmente vedeva spesso la figlia, poi il loro rapporto si ridusse a qualche chiamata, perché Dee Dee iniziò a raccontare ai suoi vicini che il marito era un alcolizzato e tossicodipendente in cerca dei suoi familiari solo per avere dei soldi.

DEE DEE BLANCHARD

Dee Dee, libera da ogni controllo, ricominciò a riversare le sue ossessioni verso la figlia.

La portò in un ospedale di New Orleans affermando che Gipsy oltre ad avere una malattia cromosomica ed essere affetta da distrofia muscolare, iniziasse ad avere anche problemi di udito, vista ed asma oltre alla leucemia.

Dagli esami medici non risultava nulla di quanto sosteneva la madre, tuttavia venivano prescritti alla bambina, data l’insistenza della genitrice, ugualmente dei farmaci, ossia degli anticonvulsivanti e antidolorifici.

Dee Dee aveva una formazione da infermiera quindi non solo sapeva descrivere compiutamente e con appropriati termini medici i sintomi che voleva addossare alla figlia, ma riusciva a causarli lei stessa, attraverso un dosaggio eccessivo di medicinali.

Inoltre dai successivi racconti di Gipsy sembrerebbe che la madre le somministrasse anestetico al fine di intorpidire le gengive e la bocca e determinare così un’abbondante salivazione: sintomo che comportò l’asportazione delle ghiandole salivari.

A causa di una scarsa igiene orale e del cocktail di farmaci assunti, le vennero estratti i denti.

La madre le teneva i capelli sempre rasati così da dare maggiormente impressione della malattia.

Dee Dee oltre a manipolare i medici manipolava la comunità in cui viveva e al fine di far vedere che viveva con una figlia gravemente malata, la obbligava a respirare in pubblico con una bombola di ossigeno, stringendole violentemente la mano per non farla parlare.

Nel 2005 l’uragano Katrina costringeva Dee Dee a trasferirsi ad Aurora in insieme alla figlia.

In quella comunità, la signora Dee Dee cominciò ad essere vista una paladina dei malati e dei disabili.

L’ammirazione che aveva sempre ricercato era finalmente arrivata. Dee Dee ora era considerata da tutti una madre esemplare, una vera e propria eroina che si dedicava completamente alla figlia.

La sua continua ostentazione dei mali della figlia e delle sue “amorevoli” cure,  creano una tale attenzione che addirittura l’associazione Habitat for Humanity la considerò meritevole di avere una nuova casa dotata di una rampa per disabili ed una vasca idromassaggio.

Anche un’altra organizzazione benefica si prese cura di loro, ossia la Make a Wish , il cui scopo è quello di far avverare un desiderio a bambini affetti da gravi malattie; così Gipsy e la madre vennero invitate a Disneyland senza dover pagare nulla.

LE MENZOGNE VENGONO A GALLA

Molti medici decisero di aiutare, gratuitamente, Gipsy per cercare delle cure.

Tra di loro il pediatra neurologo Bernando Flasterstein, che, dopo una visita accurata, si accorse che la bambina non soffriva di distrofia muscolare e neanche delle altre malattie raccontate dalla madre.

Insospettito il medico chiese a Dee Dee di poter visionare la documentazione medica di Gipsy , ma la madre sostenne che tutti gli esami precedenti erano andati distrutti dall’uragano Katrina.

Il pediatra non si arrese, riuscendo a contattare coloro che  in precedenza avevano visitato Gipsy, i quali gli confermarono l’assenza di malattie dopo aver preso visione delle vecchie cartelle cliniche che, invece, non erano andate distrutte.

Il Dott. Flasterstein capì così che ad essere malata non era la bambina ma proprio la madre, evidentemente, affetta da una forte devianza che l’aveva condotta a mentire anche sull’età della figlia.

Dee Dee, infatti, nel 2010 sosteneva che la figlia avesse 14 anni quando invece ne aveva 19 e che addirittura fosse affetta da un grave ritardo mentale per il quale il suo cervello era prossimo a quello di una bambina di 7 anni.

Ed invero, l’età non era dimostrabile in quanto aveva celato anche il certificato di nascita di Gipsy con la solita scusa della distruzione attribuita all’uragano Katrina.

GIPSY SI RIBELLA

Dal suo canto, Gipsy, già da tempo, aveva capito di non essere malata e di essere perfettamente in grado di camminare senza la sedia a rotelle.

Aveva provato a parlare con qualche vicino di casa o personale medico, ma la madre era sempre intervenuta spiegando che le parole della figlia erano vaneggiamenti di una bambina con la mente annebbiata dai farmaci.

La gente credeva alla donna e le ribellioni di Gipsy non rimanevano prive di conseguenze, la madre la  picchiava ferocemente e la lasciava senza cibo per giorni.

La ragazza si sentiva priva della libertà, non creduta, impotente, in quanto obbligata a reggere il gioco della madre.

A quel punto, non facendocela più, decise di iscriversi a delle chat online in maniera tale da poter parlare con qualcuno, in particolar modo la sera quando la madre si addormentava.

Ma la madre la scoprì quasi subito legando la figlia al letto e minacciandola di prenderla a martellate sulle mani, qualora avesse nuovamente ripreso i contatti via chat.

NICOLAS GODEJOHN

Tuttavia Gipsy non perdette le speranze di sottrarsi al controllo della mamma, continuando, di nascosto, a chattare, fino a che nel 2012 conobbe Nicholas Godejohn.

Nicholas Godejohn, all’epoca dei fatti, aveva 23 anni con addosso una condanna per atti osceni in luogo pubblico.

Comunque era la prima persona che mostrava sincerità a Gipsy, raccontandole tutta la sua storia.

L’OMICIDIO DI DEE DEE

Tra Gipsy e Nicolas si sviluppò un relazione nella quale il principale argomento era l’uccisione di Dee Dee.

Il 12 giugno 2015 , Gipsy, appena la madre si addormentò , fece entrare Nicholas in casa.

Il ragazzo entrò nella stanza da letto e colpì la donna con un coltello fino ad ucciderla.

Gipsy si nascose invece in una stanza e si coprì le orecchie per non sentire le urla della madre.

Dopo essere fuggiti insieme i due si separano e Gipsy decise di scrivere un post sulla pagina Facebook dal seguente tenore: “that Bitch is dead” (quella puttana è morta).

Furono i vicini a chiamare la polizia allarmati da quanto letto; all’arrivo, oltre al corpo privo di vita di Dee Dee, gli aiutanti dello sceriffo rinvenirono la sedia a rotelle di Gipsy e pertanto pensarono subito ad un rapimento.

Tuttavia il giorno dopo la ragazza venne ritrovata con Nicholas e, insieme, decisero di confessare l’omicidio. Gipsy raccontò di tutto quanto subìto sin da piccola.

IL PROCESSO

Gipsy Rose venne processata nel 2016 e condannata, per omicidio di secondo grado, a 10 anni di reclusione per aver pianificato insieme a Nicholas la morte della madre.

La sua terribile storia le permise di evitare l’ergastolo.

Nicholas venne invece condannato nel 2018 all’ergastolo per omicidio di primo grado.

GIPSY ROSE OGGI

Solo successivamente Gipsy si è resa conto che la madre soffriva di un grave disturbo mentale.

Si è detto pentita di aver ucciso e in una intervista del 2018 ha detto “In prigione mi sento più libera di come mi sentirei se fossi ancora con mia madre perché adesso posso vivere come una donna normale” aggiungendo “nessuno mi avrebbe creduta ed io non mi fidavo di nessuno”.

CONSIDERAZIONI CRIMINOLOGICHE SU GIPSY ROSE

Possiamo dire che Gipsy è una bambina-ragazza soggiogata fin dalla nascita da una madre dominante.

Si tratta evidentemente di una vittima trasformata in carnefice.

La situazione è certamente peculiare in quanto Gipsy era pienamente cosciente di star subendo un’ingiustizia e di non avere possibilità di sottrarsi alle violenze della madre in quanto convinta di non essere creduta da nessuno.

Se da piccola l’opera di manipolazione della madre ha certamente sortito effetti e quindi verosimilmente Gipsy credeva di essere malata, successivamente, crescendo e sviluppando la sua emotività ha compreso di essere soggiogata dalla madre. Tale processo può aver non solo trasformato il sentimento d’amore per una madre che si prendeva cura di lei in un sentimento di odio verso una madre che la teneva sequestrata ma altresì portato a credere che non vi fossero vie d’uscita se non quella di eliminare chi la stava facendo soffrire gratuitamente.

Se la relazione intercorrente tra abusato e abusante è piuttosto stretta (come quella tra madre e figlia) sarà maggiore il trauma, pertanto, potrebbe ritenersi che il gesto dell’uccisione premeditata della madre sia stata percepita da Gipsy come una legittima difesa nei confronti del suo sequestratore e aggressore.

Ciò che secondo me va messo in luce è anche la necessità dell’appoggio di qualcuno nel compiere l’omicidio. Sebbene Gipsy volesse con tutte le forze liberarsi dagli abusi della madre non sarebbe riuscita a farlo se non avesse trovato un “salvatore”; ciò di cui aveva bisogno era certamente di poter contare su qualcuno che potesse realmente darle quell’aiuto che ha sempre visto come fittizio da parte della madre.

In conclusione, sono molti i casi in cui gli abusati si trasformano in abusanti e nel caso di Gipsy può dirsi che c’è stata una particolare ribellione verosimilmente intesa dalla stessa come legittima difesa.

CONSIDERAZIONI CRIMINOLOGICHE SU DEE DEE BLANCHARD

Inutile ripetere che la donna era affetta da un disturbo piuttosto grave che determina il vero e proprio utilizzo dei propri figli per attirare l’attenzione su di sé.
Ciò che invece merita di essere analizzato è la difficoltà che c’è stata nel percepire e riscontrare la sindrome di Munchausen per procura.

Questa patologia è subdola: Dee Dee appariva tutto fuorché una madre abusante; agli occhi della comunità sembrava una super mamma, premurosa e più che presente nella vita della figlia.

Anche i medici spesso riscontrano evidenti difficoltà a diagnosticare questo disturbo in quanto i bambini che visitano presentano dei sintomi reali anche se poi gli esami sono negativi; non è quindi facile né automatico pensare che i sintomi suddetti siano in realtà indotti dal genitore che è il vero paziente.
Da un punto di vista criminologico può dirsi che la donna fosse pienamente cosciente di ciò che stava facendo; il disturbo potrebbe comportare il credere davvero all’esistenza di un malattia dei propri figli ma nel caso che qui ci occupa tale possibilità ritengo di doverla escluderla; è infatti significativo che la donna picchiasse la figlia quando si rendeva conto che voleva raccontare la verità, le stringesse con violenza le mani quando tentava di parlare in pubblico o ancora la teneva sulla sedia a rotelle pur vedendo che era perfettamente in grado di camminare.

Ci si può tuttavia chiedere da cosa derivasse tale disturbo; un fattore può certamente essere quello di un attaccamento ad un marito che però o fisicamente o emotivamente è assente – ed è ciò che potrebbe essere accaduto a Dee Dee- in tali casi potrebbe verificarsi un comportamento deviato per il quale ci si vuole vendicare della figura paterna tramite il figlio avuto da lui.

Altra causa potrebbe essere l’avere una personalità tendenzialmente narcisistica con forte bisogno di ammirazione, approvazione e attenzione da parte di quante più persone possibili e ciò deriva ovviamente da un’insicurezza di base.

Concludendo ritengo che il disturbo di Dee Dee, in lei latente per la sua personalità, si sia manifestato a fronte dell’allontanamento del marito e l’abbia accompagnata nella “crescita” della figlia in maniera del tutto consapevole.

Dott.ssa Ludovica Mancini

 

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