Sarà per l’educazione che ho ricevuto, per il servizio militare svolto nell’Arma dei Carabinieri e per l’alto senso delle istituzioni ma quello che vedo è che oggi ci troviamo di fronte ad un sistema politico in crisi e se non proviamo a dare una svolta radicale alla vita politica nazionale, un domani per i nostri figli sarà solo peggio. (Immagine estratta dal sito IlPost riguardante una rissa nel parlamento del Giappone Foto di AP Photo/Eugene Hoshiko)
Lo stato di fatto attuale.
Questa considerazione (totalmente apolitica ed apartitica) nasce dalla constatazione dello stato di fatto in cui ci troviamo. Il cittadino in questi ultimi 20 o 30 anni ha visto cambiare radicalmente il ruolo del politico. Si è passati dal lavorare per il bene del popolo ad una partita tra fazioni o squadre. Poco importava l’argomento oggetto della discussione, era necessario vincere sulla parte opposta. A questo si è aggiunta una crescente superficialità, l’affacciarsi di frange estremiste, una poca preparazione tecnica-giuridica-economica, nonché la totale disaffezione del cittadino alla politica italiana. Questi fattori non sono altro che la conseguenza della totale perdita di dignità della politica nazionale.
Quella che ho indicato come superficialità, è identificata da molti come populismo (in senso denigratorio) quando in realtà il termine indica tendenze o movimenti politici sviluppatisi in differenti aree e contesti nel corso del 20° secolo. Tali movimenti presentano alcuni tratti comuni, almeno in parte riconducibili a una rappresentazione idealizzata del “popolo” e ad un’esaltazione di quest’ultimo, come portatore di istanze e valori positivi (prevalentemente tradizionali), in contrasto con i difetti e la corruzione delle “élite”. Tra questi tratti comuni hanno spesso assunto particolare rilievo politico la tendenza a svalutare forme e procedure della democrazia rappresentativa, privilegiando modalità di tipo plebiscitario, e la contrapposizione di nuovi leader carismatici a partiti ed esponenti del ceto politico tradizionale.
La dignità della politica.
In un’intervista pubblicata su La Repubblica del 23 settembre 2016, Stefano Rodotà (già) ammoniva:
“il mancato rispetto della dignità produce un effetto di delegittimazione. Tu non mi riconosci nella mia pienezza di persona degna e io non ti riconosco nella tua sovranità istituzionale. Da qui la rabbia sociale che alimenta il terrorismo e il caos geopolitico. Difendere la dignità è difendere la democrazia”
La frase di Rodotà è identificativa dello stato di fatto in cui ci troviamo. Quando chi è al potere non riconosce la dignità delle popolo, questo poi non riconosce la dignità delle istituzioni che i politici rappresentano. Inoltre, nel momento in cui coloro che dovrebbero difendere la democrazia offendono (come se fosse la normalità delle cose) la dignità delle istituzioni, delegittimano per primi la loro sovranità. Il cittadino che vede il Politico che non riconosce più la sovranità istituzionale, non solo delegittima le istituzioni, ma perde proprio il contatto con la realtà impersonificando in un unico soggetto la speranza che questo possa diventare il salvatore da tutti i suoi mali.
Perché la politica ha perso la sua dignità.
Queste mie considerazioni personali, non sono in alcun modo riferite a questo o a quell’orientamento politico ma semplicemente perché sono affranto dal vedere a che punto siamo arrivati.
Sinceramente quando vedo che nelle aule istituzionali coloro che dovrebbero rappresentare il nostro paese stappano bottiglie di champagne, urlano, applaudono, sventolano manette o addirittura arrivano allo scontro fisico, mi innervosisco. Quando vedo che le informazioni istituzionali passano prima dai social network piuttosto che dalle fonti ufficiali con tutti i travisamenti del caso, non so più cosa pensare. Anche perché dopo i brevi comunicati forniti tramite il network necessariamente vengono fornite smentite, precisazioni ed aggiustamenti in funzione di come il popolo ha interpretato l’informazione. Il tutto solo per aver maggiori consensi.
Vedere litigi tra forze politiche opposte è un qualche cosa di naturale. Ma vedere che all’interno della stessa forza politica o del governo ci sono incomprensioni, attacchi, scontri e opinioni politiche diametralmente opposte fa si che il popolo sia confuso e non sappia più dove sia la verità (o quantomeno la verità politica).
Cosa possiamo fare.
Il terzo millennio è caratterizzato dalla velocità e dalla superficialità. Oramai tutti leggono solo i titoli degli articoli o gli spot dei messaggi social, nessuno approfondisce più alcun argomento. La politica si è adeguata a questo modo (assurdo) di comunicare. In realtà la politica non comunica più, crea solo spot elettorali.
Cosa possiamo fare noi? Ripartire da una educazione dei nostri figli (che son oil nostro futuro) che sia mirata a dare il giusto peso e rispetto alle istituzioni, pretendere che i nostri politici diano per primi il buon esempio ed in caso negativo evitare di votarli nelle elezioni successive. Dobbiamo dare una svolta o quantomeno dobbiamo provarci.
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