Premessa
Il trattamento giuridico dell’usura costituisce la risultante di scelte volte alla repressione del fenomeno.
Al raggiungimento di tale obiettivo contribuiscono anche le norme civilistiche relative ad esempio al contratto di mutuo (art. 1813 c.c.) il quale si presume a titolo oneroso ed il corrispettivo dovuto dal mutuatario è costituito dagli interessi. Se la misura degli interessi non viene stabilita nel contratto di mutuo, si applica il tasso legale.
Qualora siano pattuiti interessi usurari, la clausola relativa (art. 1815 c.c.) è nulla e non sono dovuti interessi.
Come si determina la natura usuraria degli interessi. Le norme di riferimento
La natura usuraria degli interessi si determina, ai sensi dell’art. 2 della L. n. 108 del 1996, sulla base del tasso medio che, per ciascuna categoria di operazioni, viene pubblicato ogni tre mesi sulla Gazzetta Ufficiale, sulla base delle rilevazioni fatte dal Ministero del Tesoro, di concerto con la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano Cambi.
Nello specifico, l’art. 1815 c.c. dispone che se in un mutuo sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi. Si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento (L. n. 24/2001).
L’art. 644 c.p. punisce altresì chiunque si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000. La Corte di Cassazione ha deciso, con la sentenza n. 350 del 9 gennaio 2013, che ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p. si considerano usurari gli interessi che superano il limite stabilito nella legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo di interessi moratori.
La Giurisprudenza in materia
La Corte Costituzionale (sent. n. 29/2002), ha deciso che il riferimento agli interessi a qualunque titolo convenuti – contenuto nel D.L. n. 394 del 2000 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura), e precisamente dell’art. 1, comma 1 – rende plausibile l’assunto che “il tasso soglia riguarda anche gli interessi moratori”.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 29/2002, ha affermato altresì che il regime civilistico della nullità delle clausole contenenti la pattuizione di interessi usurari è del tutto distinto dal profilo penalistico, ed in sé autosufficiente, e questo sarebbe confermato dal fatto stesso che il legislatore con la legge n. 108/1996 ha provveduto a riscrivere tanto la norma di cui all’art. 644 cod. pen. quanto, separatamente, quella di cui all’art. 1815, secondo comma, cod. civ. Sul punto, si evidenzia infatti che il legislatore ha modificato sia l’art. 644 codice penale che l’art. 1815 cc introducendo un particolare meccanismo attraverso cui “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”, quindi non è necessaria la contestazione di una fattispecie penale (quella prevista all’art. 644 c.p.) per ottenere la dichiarazione di nullità civilistica, della clausola del mutuo che sia ritenuto usurario, ai sensi dell’art. 1815 cod. civ., quale norma da ritenersi autonoma e in sé sufficiente.
La Corte Costituzionale, sempre nella sentenza n. 29/2002, ha anche precisato che la ratio della legge n. 108 del 1996 è quella di contrastare nella maniera più incisiva il fenomeno usurario, e tale finalità è stata perseguita da un lato rendendo più agevole l’accertamento del reato, attraverso l’individuazione di un tasso obiettivamente usurario e la trasformazione dell’approfittamento dello stato di bisogno, di difficile prova, da elemento costitutivo del reato a circostanza aggravante, dall’altro inasprendo le sanzioni penali e civili connesse alla condotta illecita (artt. 1 e 4 della legge).
La legge n. 108/1996 rappresenta un limite all’autonomia delle parti vincolando le stesse a pattuire gli interessi al di sotto di una determinata soglia prevista per legge, pena la nullità della clausola.
In merito alla concreta determinazione del tasso oltre il quale il mutuo diviene usurario, la Legge n. 108 del 7 marzo 1996 all’art. 2, dispone che il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia ai sensi degli articoli 106 e 107 del Testo Unico Bancario, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura.
La classificazione delle operazioni per categorie omogenee, che tiene conto della natura, dell’oggetto, dell’importo, della durata, dei rischi e delle garanzie è effettuata ogni anno dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, che affida alla Banca d’Italia la rilevazione dei dati.
L’immediata conseguenza giuridica dell’usurarietà del contratto è la sua gratuità, come si evince dal testo dell’art. 1815 cod. civ. così come sostituito dalla legge 108/96.
Se prima della novella, in caso di contratto usurario sarebbero stati comunque dovuti interessi nella misura legale, per effetto della riforma il secondo comma della norma stabilisce ora che se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
In altri termini, tutti i pagamenti in concreto effettuati dagli odierni attori vanno imputati ex art. 1193-1194 e ss. c.c. in conto capitale, depurando il contratto da ogni altro e diverso addebito a qualsivoglia titolo.
Il piano di ammortamento previsto per il rimborso rateale dovrà dunque essere rivisto secondo una semplice operazione aritmetica, con la suddivisione della somma dovuta depurata degli interessi per le rate convenute per il rimborso.
La nuova disciplina
La nuova disciplina civilistica del contratto viziato da clausole afferenti ad interessi usurari prevede che, nel caso in cui siano convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi (art. 4 l. n° 108/96).
Si tratta di una ipotesi di nullità parziale del contratto (art. 1419, comma 2 comma, c.c. e 1339 c.c.) che lascia per il resto il regolamento contrattuale valido ed efficace.
Il contratto di mutuo con interessi usurari viene trasformato, attraverso il meccanismo della nullità parziale in contratto lecito, attraverso la eliminazione e non più la sostituzione del tasso della clausola, restando il contratto valido ed efficace poiché il legislatore ha superato con espressa previsione anche la nullità per contrarietà a norme imperative.
La ratio di tale disposizione va cercata nella tutela del debitore contro la nullità dell’intero contratto che comporterebbe la immediata esigibilità della somma mutuata e indurrebbe il debitore ad astenersi dal far valere la nullità, onde evitare l’immediata restituzione delle somme.
Secondo la disciplina precedente la clausola afferente ad interessi usurari era nulla, ma gli interessi erano comunque dovuti, anche se solo nella misura legale. In caso di contratto usurario la nullità parziale è comminata in considerazione della illiceità della causa (artt. 1343 e 1418 c.c.). Il meccanismo sanzionatorio civilistico in grado di rendere lecita e valida l’obbligazione civile non elimina la rilevanza penalistica della fattispecie in oggetto.
La disciplina penalistica
Dal punto di vista penalistico, la L. n. 108/1996 ha modificato l’art. 644, comma 1, c.p., eliminando l’elemento dello stato di bisogno o di difficoltà economico-finanziaria dalla struttura del reato di usura.
Affinché sussista il reato di usura, infatti, è sufficiente che si realizzi la semplice promessa, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, di interessi o altri vantaggi usurari, a prescindere dall’esistenza dell’elemento soggettivo dell’approfittamento dello stato di bisogno altrui il quale rileva ora quale circostanza aggravante.
La legge n. 108/96 innova quindi ulteriormente la precedente disciplina in quanto la fattispecie del contratto usurario aveva un ambito di applicazione più ristretto essendo configurabile solo nel caso di scambio di denaro o cose mobili contro interessi e vantaggi economici.
Ad oggi, quindi, l’ambito di applicazione non è più limitato a denaro o altra cosa mobile ma è esteso ad ogni utilità, e la controprestazione può consistere non solo in interessi ma in altri vantaggi o compensi.
Conclusioni
Alla luce di ciò, il contratto stipulato a condizioni usurarie viene a configurare una ipotesi speciale di contratto rescindibile, colpita dalla più grave sanzione della nullità parziale (art. 1815, comma 2 c.c., 1419, comma 2 c.c. e 1339 c.c.) in quanto lesiva di un interesse generale e sanzionata anche penalmente, integrando una delle ipotesi tipiche di reato-contratto.
Da un punto di vista civilistico, la materia risulta essere normata dal secondo comma dell’articolo 1815 del Codice Civile, quest’ultimo modificato con la L. n. 108/1996 stabilisce che la clausola contenente la pattuizione di interessi usurari è sanzionata con la nullità. Il contratto viziato da interessi usurari viene ad integrare quindi una ipotesi speciale e più grave di contratto rescindibile, configurabile anche qualora non ricorrano le condizioni per poter esperire l’azione di rescissione e sanzionata con la nullità della clausola afferente ad interessi usurari.
Dottoressa Giovanna Maresca
Commenti