Introduzione: Italia paziente, delusa e arrabbiata.
La “Fase 2” è stata vista da molti come il ritorno alla normalità, come il momento in cui potersi riappropriare delle libertà perse ed è per questo che da tanti è stata molto attesa e caricata di aspettative oltre ogni immaginazione. Tuttavia, ben presto, il modo di vedere la “Fase 2” è stato totalmente stravolto dalla pubblicazione del relativo DPCM che ha mutato l’euforia iniziale in vero e proprio sconforto e, addirittura, ha portato alcuni ad avanzare minacce di ribellione. Infatti, per come è noto, alla fine la “Fase 2” non ha introdotto alcun cambiamento significativo ed è per questo motivo che, nonostante l’Italia continui ad essere spezzata in due – tra nord e sud – per numero di contagi, tutta la solidarietà cantata dai balconi delle proprie case, oggi sembra perduta e ha lasciato spazio alla delusione e alla rabbia.
Rabbia e delusione di chi, anche se non ha contratto il virus né rischiato di contrarlo, ha perso moltissimo (se non tutto) durante la prima fase a causa della mancanza di guadagni per chiusura delle proprie attività commerciali. Rabbia e delusione di chi, chiaramente insoddisfatto dagli esigui ausili economici erogati dal Governo, sperava che a partire dal 4 maggio 2020 avrebbe potuto riprendere il proprio lavoro. Oggi, le nuove restrizioni adottate da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri – specialmente per alcuni imprenditori del centro-sud – non sembrano più necessari strumenti di prevenzione, ma tendono ad assumere più la forma di un ostacolo da superare per garantirsi la sopravvivenza.
E’ evidente, infatti, che il motore produttivo del Paese sia ingolfato e mostri, giorno dopo giorno, chiari segni di cedimento. Così come anche, giorno dopo giorno, diminuisce la pazienza degli italiani, sempre più diffidenti, sempre più sospettosi riguardo tutte le rinunce necessarie per un ritorno alla “normalità”. Proprio in questo scenario, privo di quell’equilibrio caratterizzato dal buonsenso che sembrava essere stato raggiunto, seppur a fatica durante la fase 1, in un’Italia divisa nelle opinioni, nelle soluzioni, nei bisogni e nelle ragioni scritte da consegnare agli agenti di polizia per spostarsi dalle proprie abitazioni, anche la criminalità, traendo profitto da questa confusione, si evolve preparando nuove strategie.
Mentre alcuni crimini hanno subito il colpo del virus (ad esempio i furti in abitazione che sono nettamente diminuiti stante la presenza degli abitanti nelle proprie case), altri sono stati riadattati dai loro fautori ai nuovi schemi di vita, ed altri ancora, come i maltrattamenti contro familiari o conviventi, pare abbiano trovato nella pandemia forza e nutrimento. Si pensi ad alcune donne che in questi giorni subiscono violenza dai propri compagni e che non hanno la possibilità di denunciare il fatto per ovvie ragioni. Tutto questo, merita un approfondimento.
I crimini che subiscono negativamente la pandemia e quelli che nella stessa trovano nutrimento per rafforzarsi.
Appare necessario, infatti, fare una distinzione tra il “criminale” che non trae alcun vantaggio economico dalle proprie azioni criminali, come colpire una donna con un pugno, ed un criminale che, invece, ottiene un vantaggio economico dalle proprie azioni criminali, si pensi allo spaccio degli stupefacenti. Ciò è molto importante per avere una visione chiara di quale “criminalità” abbia o meno, subito l’impatto del virus da adattarsi allo stesso e ridisegnare i propri obiettivi economici su di lui.
Torniamo all’esempio precedente, il convivente violento. Colui che picchia la propria compagna commette un crimine, è dunque indubbiamente un criminale, ma non avendo – le proprie azioni criminali – fini economici, non dovendo adeguare al blocco il proprio business per garantire a se stesso un profitto, non è lui a subire negativamente il lockdown, ma la sua vittima. La sua vittima,sì, perché essendo costretti a dividere gli spazi della propria abitazione tutto il giorno, gli episodi di violenza saranno più frequenti. Quindi, possiamo considerare questo genere di reati, come appartenenti ad una criminalità rafforzata dalla presenza del virus, che non subisce il peso negativo della pandemia, se non indirettamente.
Il lockdown avrà un azione negativa soltanto sulla vittima, lasciando al carnefice diverse possibilità di dar sfogo alla propria aggressività in quanto non verrà mai denunciato dalla convivente per paura di ulteriori ritorsioni. Diverse considerazioni andrebbero fatte invece per le altre figure criminali, come quella del rapinatore, del borseggiatore, dello spacciatore di sostanze stupefacenti, del ladro che commette furti all’interno di abitazioni private. Questi reati, potrebbero collocarsi tra tutte quelle azioni criminali che hanno subito negativamente il peso della pandemia, avvertendo nel virus un grosso limite alle loro attività.
Se da un lato questo colpo basso ai vecchi crimini tradizionali viene accolto e percepito come una buona notizia, dall’altro, tornando all’esempio del convivente violento, il lockdown,vedrà sicuramente aumentare gli episodi di violenza che non verranno denunciati dalla vittima per paura. Ciò significa che i dati ufficiali non riporteranno una crescita di tali delitti sulla carta, ma la realtà, avrà dei numeri invisibili di cui nessuna statistica parlerà mai. Tuttavia, risulta davvero difficile avere un quadro preciso e completo da poter tradurre in un solo grafico, in quanto i dati registrati mutano costantemente. L’analisi comprende così tante tipologie di reati e possibilità di consumarli, che bisognerebbe procedere singolarmente, uno alla volta, avendo così tanti grafici, quanti possibili crimini, dunque, infinite possibilità di analisi. Soltanto a titolo esemplificativo si riportano i dati di cui sotto.
Evoluzione del crimine durante la pandemia
Riportando alcuni dati forniti dal Ministero dell’Interno relativi all’andamento della delittuosità in Italia, esaminando un periodo che va dal 1 gennaio al 31 marzo 2020, come conseguenza all’evoluzione epidemiologica, il numero generale dei delitti ha mostrato un “calo” rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Nel 2019, infatti, si sono registrati 579.735 delitti confrontati con 410.726 perpetrati nel 2020. Ciò indica una diminuzione del 29,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tra i delitti in aumento nei periodi a confronto, va segnalata l’usura, che aumenta del 9,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche gli omicidi ascrivibili a contesti di criminalità organizzata, durante la pandemia, diminuiscono, con soli 3 casi rispetto ai 9 dello stesso periodo dell’anno
Diminuzione dei crimini all’interno del territorio nazionale dal 1 marzo al 22 marzo 2020
Ricopre un ruolo fondamentale, per l’analisi dell’attività criminosa e la messa in atto di misure atte ad arginarla, il lavoro svolto nei due mesi che hanno caratterizzato la scorsa fase. Sin dall’annuncio del lockdown e delle relative restrizioni che hanno coinvolto tutti i settori senza distinzione alcuna, guardando i dati, è stato possibile registrare da un lato il crollo dei crimini perpetrati alla persona e alle cose: non essendoci persone per strada è calato il numero dei furti con strappo (c.d. scippi); essendo la maggior parte della popolazione confinata in casa si è abbassato, per come sopra detto, l’indice dei furti verso le abitazioni private. Dall’altro lato, per la stessa ragione, facendo riferimento ai dati riportati dal Ministero dell’Interno, solo in alcune regioni italiane e non dappertutto, come erroneamente fino ad oggi alcuni giornali hanno scritto e si è creduto, sono aumentati i furti all’interno delle attività chiuse e i furti a danno delle attività ancora in funzione, nelle quali confluisce il denaro circolante. Un esempio su tutti è quello dei furti alle Farmacie, denunciati un po’ ovunque. Queste sono state prese di mira perché più vulnerabili dei supermercati, gli unici o quasi altri esercizi commerciali rimasti aperti dopo il lockdown.
A fianco di questi crimini si dipana la matassa di quelli che investono le quattro aree criminali più coinvolte e che hanno il loro fondamento su altrettanti fattori incidenti sull’orientamento della lotta criminale. Lo studio condotto dall’Europol, con la raccolta dei dati provenienti dagli stati membri, ha posto la lente di ingrandimento su:
- l’aumento della domanda di beni materiali peculiari e che contraddistinguono il particolare momento: dispositivi di protezione individuale e i prodotti farmaceutici, questo a discapito della richiesta e relativa offerta dei beni illeciti classici;
- la riduzione della mobilità delle persone attraverso l’Europa;
- l’incremento delle soluzioni digitali a far fronte alle richieste del sempre più crescente smart-working;
- la vulnerabilità incrementata dall’aumento dell’ansia e della paura.
Da ciò, per connessione diretta si è registrato un sensibile innalzamento di:
- frode: l’ansia e la paura del contagio hanno aperto le porte ai finti medici o infermieri per dei finti tamponi, inganni telefonici, e truffe sui prodotti disinfettanti (uno su tutti: il prezzo senza precedenti toccato da un flacone di un famoso gel igienizzante per le mani);
- la contraffazione: allo stesso modo, la corsa all’accaparrarsi i DPI (dispositivi di protezione individuale), disinfettanti ed igienizzanti, è sfociata nella distribuzione e nella vendita di prodotti privi delle caratteristiche di sicurezza richieste, del marchi CE e che risultano quindi, talvolta, anche dannosi per la popolazione;
- crimini organizzati e lesione della proprietà, cui abbiamo precedentemente accennato, ovvero i furti a discapito delle attività rimaste chiuse o nelle strutture sanitarie impegnate a fronteggiare un sovraccarico senza precedenti. Il modus operandi appare analogo ovunque: i ladri riescono a farsi aprire dai malcapitati spacciandosi per personale medico o operatori sanitari che offrono materiali e informazioni;
- Cybercrime: gli attacchi informatici che sono stati rivolti tanto ai singoli individui quanto alle organizzazioni sono aumentati costantemente dall’inizio della pandemia. Le tematiche utilizzate per far breccia negli scudi del web sono legate al coronavirus. Questo argomento viene utilizzato proprio per il potere mediatico che deriva dall’interesse dell’opinione pubblica e verrà sfruttato sinché questa sarà alta al fine della capitalizzazione.
La Fase 1 è stata caratterizzata dal mutamento degli schemi criminali e l’adattamento alle nuove opportunità offerte dalla situazione del particolare momento. Il distanziamento sociale e le restrizioni imposte alla vita collettiva si sono riflesse anche sulla figura del criminale che ha dovuto trovare metodi alternativi per portare avanti il suo “business”, la sua condotta illecita. Ecco che ciò che prima del lockdown avveniva nelle piazze, adesso avviene sul web, con delle modalità che non sono visibili, che non sono intercettabili con i mezzi classici: i criminali “lavorano” quasi esclusivamente online, attraverso il web o smartphone.
Del resto, come è stato accennato precedentemente, è proprio sul web che l’incremento del crimine è stato maggiore: la casa, il luogo sicuro entro il quale trascorrere le proprie giornate di distanziamento sociale, pare avere infiniti canali attraverso i quali diventare il luogo perfetto all’interno del quale perpetrare un crimine del genere. La maggioranza dei bersagli sono i minori e i bambini: con le scuole chiuse e i genitori impegnati in smartworking, il tempo da loro speso davanti ai monitor di smartphone e tablet, con i social media costantemente connessi alla rete, è aumentato notevolmente e, di contro, è sceso il livello di controllo da parte degli adulti. Così, giochi online, le chat, il contatto tramite i social network e il phishing tramite email diventano esche per facili prede.
Il distanziamento sociale ha materialmente spostato ogni tipo di attività su uno spazio digitale, attraverso il quale si muovono i dati di tutti gli individui, anche coloro che lavorano in smartworking possono offrire inconsapevolmente i loro dati ai cyber criminali. Il profilo criminologico di questi individui annega nella nebbia della rete, si perde in un “non posto”, si cela dietro ad un “non volto”. Tali crimini possono essere evitati attraverso una forte coesione sociale e politica che in questo momento storico, risulta mancante. Non c’è coesione tra gli Stati Europei e l’Italia risulta divisa nei propri bisogni. Anche i dati di analisi raccolti, sono stati registrati in un arco di tempo della durata pochi mesi, ed evidenziano che sono state condotte numerose campagne malevole con a soggetto il coronavirus. La cosa interessante derivante dall’analisi di questi dati è che queste campagne sono “attribuibili sia a singoli hacker sia a più evoluti collettivi APT (Advanced Persistent Threat, ndr.)”. Si vuole riportare un dato tra tutti: le denuncie informatiche alla polizia postale in Italia sono aumentate, rispetto all’anno scorso, del 318%. Il volume d’affari messo in movimento da questa tipologia di attacchi è enorme. Qui si inseriscono mafie e grandi organizzazioni criminali e vi trovano terreno fertile. In una tale visione del fenomeno appare coerente la dichiarazione di Eugene Kaspersky, fondatore e CEO di Kaspersky, il quale ritiene che gli attacchi informatici agli ospedali avvenuti durante la pandemia COVID-19 debbano essere paragonati ad attentati terroristici.
A tentare di far fronte al mutamento dell’attività criminosa in questo particolare momento è stata istituita in Italia una “cabina di regia”, un ufficio (Osservatorio permanente sulla criminalità della post emergenza) composto da rappresentanti di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, della Dia e della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, che ha il compito di elaborare strategie di prevenzione e contrasto delle possibili infiltrazioni nel tessuto economico-finanziario post emergenziale anche attraverso software che consentano un’analisi predittiva di scenario. A tal proposito è stata fatta un’intervista al prefetto Gabrielli, durante la quale egli ha illustrato quali sono le motivazioni che hanno spinto verso la composizione della “cabina di regia” e quali sono le finalità che essa si riserva di portare a termine. Di importanza fondamentale appare il passaggio attraverso il quale egli descrive il contrasto al crimine affermando che: “[…] il contrasto non può non avere due momenti fondamentali: l´analisi del fenomeno e la predisposizione di una strategia per potere contrastarlo”.
La Fase 1 si è appena conclusa, il materiale raccolto e da analizzare è molto, le strategie di lotta contro il crimine stanno prendendo forma. La principale arma di difesa a disposizione resta la coesione sociale basata sulla consapevolezza, l’informazione responsabile e il supporto reciproco tra i diversi attori che contribuiscono, ognuno con le proprie peculiarità, a contrastare un fenomeno in costante evoluzione.
DOTT. ANGELO MALIZIA
CRIMINOLOGO ED ESPERTO IN PSICOLOGIA FORENSE
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