Dott.ssa Maria Viviana Carangelo
LA PANDEMIA DEL XXI SECOLO
Il 13 marzo 2020 l’OMS ha dichiarato l’Europa sede del nuovo epicentro della pandemia da COVID-19, la quotidianità e le condizioni di vita di ogni individuo sono state inesorabilmente stravolte.
Molti Paesi del mondo si sono mobilitati per affrontare la diffusione della pandemia e ridurre ai minimi termini le vittime decedute per via dell’infezione: hanno dovuto chiedere alla propria popolazione di farsi carico di un senso di responsabilità mai chiesto prima.
A coloro che è stato rilevato un contatto diretto con il contagio è stato chiesto di isolarsi a casa o in una struttura di quarantena dedicata e monitorare costantemente la propria condizione di salute, riducendo il più possibile anche i contatti con personale sanitario.
A coloro che non hanno avuto contatti diretti è stato chiesto di attuare un protocollo che permettesse la propria e l’altrui salvaguardia fisica.
Quarantena, isolamento e distanziamento sociale sono state le strategie più utilizzate nel Mondo per affrontare la pandemia e rallentare la diffusione del contagio che, a detta di molti esperti, è risultato essere paurosamente veloce.
Nonostante tali manovre siano state utili a difendersi, sono state vissute come una forzata e drastica alterazione della propria condizione di vita: molti individui hanno dovuto scegliere la segregazione pur di evitare il rischio di essere contagiati o di contagiare e, quindi, allontanare la possibilità di ledere alla propria o altrui vita.
GLI EFFETTI PSICOLOGICI
Tutto ciò ha permesso il rallentamento e la riduzione del contagio, proteggendo molti, ma è indubbio quanto tali manovre non abbiano tenuto conto della salute psicologica degli individui, rimarcando ancora una volta la divisione tra la condizione di salute del corpo e quella della mente.
Più recenti studi scientifici hanno indagato gli aspetti psicologici di coloro sottoposti alle manovre di isolamento.
I risultati hanno riportato effetti psicologici potenzialmente negativi, infatti, sono stati rilevati sintomi tra cui quelli dello stress post-traumatico, sensazione di confusione e sentimenti associati alla rabbia oltre alla noia, alle perdite finanziarie e alla stigmatizzazione.
Altri ricercatori hanno evidenziato effetti negativi a lungo termine sulla salute psicologica.
Una review (Lancet, 2020) di 24 studi, effettuati su individui sottoposti a quarantena durante le epidemie di malattie infettive passate, ha evidenziato rischi che sembrerebbero perdurare oltre il periodo di isolamento come la maggior incidenza di casi di depressione, che risulterebbe prolungarsi fino a 3 anni dopo l’evento.
LA SITUAZIONE ITALIANA
In Italia, dopo la dichiarazione di “Emergenza Internazionale di Salute Pubblica” da parte dell’OMS, sono state adottate dal Governo, ed annunciate ai cittadini, le misure per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus COVID-19 sull’intero territorio nazionale.
Tali misure procedono per fasi d’attuazione e hanno previsto, sull’intero territorio nazionale, di proclamare inizialmente uno stato di quarantena: ogni cittadino è stato sottoposto a limitazioni nello spostamento fuori dalla propria dimora di residenza ed è stato incentivato a confinarsi all’interno della propria casa.
Allarmati dalla possibilità di uno scenario che compromettesse fortemente la salute psicologica, sono stati suggeriti, anche attraverso mezzi tecnologici di comunicazione, consigli per “vivere” il più serenamente possibile la condizione di quarantena nazionale, ma è indubbio come una delle reazioni più tipiche sia stata lo sperimentare paura, emozione primaria, fondamentale per la sopravvivenza: se non la si provasse non potrebbe aiutare a mettere in salvo la propria vita.
A volte, panico o ansia generalizzata, per cui un pericolo limitato e contenuto di contagio sia stato generalizzato percependo ogni situazione come rischiosa ed allarmante, e situazione di ipocondria, intesa come la tendenza ad un’eccessiva preoccupazione per il proprio stato di salute, percependo ogni minimo sintomo come un segnale inequivocabile di infezione da COVID-19.
In alcuni casi, fortunatamente limitati, è stata segnalata una degenerazione verso l’odio sui presunti individui che potessero diffondere più velocemente il contagio, sulla scia della necessità umana di trovare sempre un presunto colpevole, meglio se lontano da sé e dal proprio gruppo sociale.
Inoltre, anche il costante bombardamento da parte dei canali d’informazione, sia sui bilanci dei deceduti per via dell’infezione da COVID-19 sia sulle statistiche spaventose della curva del contagio, ha provocato in molti uno stato di allerta o tensione continuativo, attivato da una iper-vigilanza scaturita dalla costanza sensazione di minaccia per la propria salute
LE RICERCHE SCIENTIFICHE
Molte sono le ricerche scientifiche proposte in questo periodo storico finalizzate a rilevare la percezione del disagio psicologico e gli aspetti più rilevanti per la salute mentale, come la “Ricerca Epsilon COVID-19”, nata presso l’Università Sapienza di Roma, che ha lo scopo di monitorare l’impatto psicologico delle condizioni di isolamento e confinamento.
A detta di molti, tali aspetti psicologici sarebbero relati al periodo di isolamento e quarantena e si sarebbero, quindi, dovuti evolvere positivamente una volta garantita agli individui la riacquisizione delle proprie abitudini di vita, spesso considerate scontate.
Da quando, però, in Italia è stata dichiarata la seconda fase di manovre utili al contenimento del contagio, ovvero la “Fase 2”, sembrerebbe che gli individui abbiano messo maggiormente in discussione la propria salute fisica: molti hanno riportato che, non essedo più vincolati nelle proprie dimore per via della fine dello stato di quarantena nazionale, percepiscono un rischio più elevato di contagio.
Questa continua preoccupazione dimostrerebbe come il quadro psicologico caratterizzato da paura ed ansia perdurerebbe incidendo sulla fisiologica necessità di far ripartire la propria vita da dove la si era lasciata in sospeso
IL NUMERO VERDE 800.833.833
Tali questioni hanno motivato l’attivazione di operazioni che potessero aiutare nel concreto: ad esempio, il Ministero della Salute e la Protezione Civile hanno attivato, dal 27 aprile scorso, il numero verde di supporto psicologico 800.833.833 operativo tutti i giorni, in cui circa 2mila professionisti del settore hanno fornito la propria disponibilità a rispondere telefonicamente alle richieste d’aiuto.
LA TASK FORCE DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI
Allo stesso modo, il CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi) ha costituito una Task Force che avesse l’obiettivo di fornire il supporto della professione alle autorità, di fornire indicazioni ai cittadini sulla gestione psicologica degli effetti negativi coinvolti e altresì che permettesse di emanare delle linee guida utili ai professionisti.
Inoltre, recentemente il CNOP ha insistito chiedendo l’inserimento di misure concrete a protezione della Salute Psicologica proponendo il potenziamento e la valorizzazione delle Unità di Psicologia che si interfacciano con i bisogni assistenziali e il territorio, attraverso figure come lo psicologo di cure primarie, di continuità assistenziale “per assicurare interventi di prossimità e di comunità”.
CONCLUSIONE: L’IMPRESCINDIBILE CONTRIBUTO DEGLI PSICOLOGI
Ora più che mai si considera fondamentale per gli individui il supporto di professionisti che aiutino sia a comprendere l’importanza della gestione della paura e dell’ansia, considerate come fisiologiche e fonti di salvaguardia personale, sia a ricorrere alla resilienza, rendendosi consapevoli delle proprie potenzialità e percependosi responsabili della propria libertà d’azione, al fine di mantenere un rapporto equilibrato con l’ambiente circostante e raggiungere livelli sempre più intensi di benessere psico-fisico.
Assunto di base resta, in ogni condizione esistenziale, la necessità di prestare attenzione anche ai bisogni psicologici, abbandonando l’artificiosa distinzione tra salute del corpo e salute mentale.
Dott.ssa Maria Viviana Carangelo
Commenti