Maurizio Minghella. Un serial killer italiano
Maurizio Minghella, conosciuto anche come il killer delle prostitute, nacque a Genova nel 1958 e, come spesso accade, la sua storia familiare incise molto sullo sviluppo di una personalità deviata e antisociale.
All’età di sei anni, infatti, la mamma si separò dal marito ed iniziò a crescere da sola i suoi cinque figli; ben presto però si accompagnò ad un uomo che picchiava ferocemente e continuamente tutti i componenti della famiglia.
Maurizio già da così piccolo iniziò a nutrire un sentimento di odio nei confronti dell’uomo tanto che poi quando verrà arrestato dirà: «Era un alcolizzato e ci menava di brutto. Lo detestavo parecchio, sovente ho sognato di ucciderlo, stringendogli una corda al collo da dietro le spalle».
Il Minghella frequentò la scuola ma con scarsissimi risultati non riuscendo a superare neppure la seconda elementare (a 12 anni frequentava ancora la prima).
Nell’ambito scolastico mostrò sin da subito un comportamento violento in quanto prendeva per il collo i compagni impedendo loro di urlare tappandogli bocca e naso.
Abbandonata la scuola iniziò a rubare scooter, moto e alcune automobili; si appassionò al pugilato ma venne cacciato in quanto picchiò un compagno.
Era inoltre un donnaiolo e si accompagnava a ragazze sempre diverse.
Le botte del patrigno non furono l’unico fattore di rischio infatti un ulteriore evento traumatico colpì la vita di Maurizio: la morte del fratello avvenuta a seguito di un incidente in moto.
Egli assunse un atteggiamento davvero peculiare poiché si iniziò ad interessare ai cadaveri ed a provare piacere nel recarsi all’obitorio osservando corpi di persone morte nonché la disperazione dei familiari.
Ulteriormente, si sposò con una ragazza che aveva 15 anni dopo essere stato riformato dal servizio di leva per disturbi psichici.
Ebbene la moglie era dipendente da psicofarmaci e morì dopo un aborto spontaneo per un’overdose.
Tale evento sarà fondamentale nella storia del serial killer poiché quest’ultimo svilupperà una vera e propria ossessione per il sangue.
I primi omicidi
Nel 1978 Minghella uccise ben cinque donne: la prima di 20 anni venne ritrovata da alcuni pastori seviziata e con la testa fracassata; in questo primo omicidio si rinvenne un vano tentativo di staging in quanto il killer scrisse sul corpo della vittima “Brigate Rose” compiendo quindi un evidente errore di ortografia che fece immediatamente pensare agli inquirenti ad un depistaggio.
Con le stesse modalità, qualche mese dopo, uccise la seconda donna e dopo solo 10 giorni la terza di soli 14 anni; anche quest’ultimo omicidio si caratterizzò per un tentativo di depistare le indagini infatti il Minghella legò la ragazza con una garrota ad un albero simulandone il suicidio per impiccagione; tuttavia venne immediatamente capito che la vittima era stata sodomizzata, violentata e strangolata.
Uccise poi altre due donne sempre dopo averle violentate.
Sembra necessario porre attenzione su un particolare certamente inquietante ma sicuramente degno di analisi a fronte della successiva ricostruzione del profiling di Minghella, ossia che tutte le ragazze uccise si trovavano al momento della morte nel periodo mestruale. È immediatamente visibile l’ossessione del killer per il sangue.
La condanna
Maurizio venne arrestato ma confessò solo gli ultimi due omicidi tuttavia erano evidenti le prove che lo stesso commise anche gli altri: venne svolta una prova grafologica e si affermò con certezza che sia la scrittura che la penna utilizzata per sodomizzare una delle vittime appartenesse a Minghella, mentre in un’altra scena del crimine venne ritrovato un paio di occhiali di Maurizio.
Venne condannato all’ergastolo nel 1981 ma si proclamò sempre innocente ed ottenne altresì la semilibertà nel 1995 entrando anche nella comunità di recupero di don Ciotti.
Gli omicidi delle prostitute
È proprio in questo periodo che dopo una desistenza (interruzione nel fare qualcosa di antisociale) ovviamente forzata perché lo stesso si trovava in carcere, ricominciò ad uccidere.
In questa seconda fase omicidiaria il suo obiettivo divennero le prostitute.
La prima la uccise nel 1997 nella di lei abitazione; successivamente toccò ad una prostituta marocchina che venne picchiata e violentata; in quest’occasione il Minghella lasciò sulla coscia della donna un preservativo contenente tracce spermatiche.
Successivamente strangolò una prostituta albanese, poi una prostituta italiana di 67 anni nella di lei abitazione dove vennero rinvenuti pezzi di carta con tracce biologiche.
Infine uccise una prostituta rumena e in tal caso Minghella cercò di sbarazzarsi del corpo carbonizzandolo ma non riuscì nell’intento.
Fu questo l’ultimo omicidio del killer in quanto le tracce di DNA ed i numerosi indizi lasciati sulle scene del crimine portarono la polizia ad arrestarlo.
Il nuovo processo
In carcere Minghella tentò di evadere ma venne arrestato di nuovo nello stesso giorno.
A seguito del processo venne condannato all’ergastolo ed al momento si trova confinato nel carcere di Pavia.
Il criminal profiling
Volendo applicare i concetti cardine elaborati dall’FBI è certo che il Minghella rientri nella categoria del serial killer a sfondo sessuale disorganizzato. Alcune delle caratteristiche sono infatti un livello intellettivo medio-basso, l’essere occupato in lavori manuali, avere una situazione familiare problematica, avere abitudini notturne e bizzarre ed avere un livello d’istruzione basso.
Ebbene Maurizio nel 1978 venne visitato nella clinica psichiatrica dell’Università di Genova ed al test del Q.I risultò 70 ossia un valore al confine tra la normalità intellettiva ed il ritardo mentale.
Nell’ambito lavorativo si trovò a fare piccoli lavoretti tra cui il piastrellista; per quanto attiene alle abitudini notturne di Minghella va ricordato che era soprannominato il “Travoltino della val Polcevera” per la sua passione per la discoteca, luogo che veniva utilizzato da Maurizio anche per reclutare ragazze atteso che almeno due delle vittime vennero uccise proprio dopo una serata in discoteca.
Il livello d’istruzione è certamente basso ricordando che il Minghella non riuscì neppure a superare la seconda elementare ed abbandonò così gli studi. Infine certamente il fattore più importante risulta essere la problematicità della situazione familiare di origine; Minghella visse in un clima di violenza e soprusi che generarono in lui un sentimento di odio nei confronti del patrigno ma anche il ritenere, inconsapevolmente, che l’atteggiamento violento fosse l’unico possibile per far emergere la sua personalità; infatti sin da bambino iniziò ad usare violenza nei confronti dei suoi compagni di scuola imitando i comportamenti che vedeva in casa.
Anche il modus operandi del Minghella induce a ritenere che possa essere considerato un serial killer disorganizzato, infatti le vittime appaiono depersonalizzate, il corpo viene lasciato in loco, la violenza sessuale avviene attraverso sostituzione della penetrazione con oggetti e vengono lasciate numerose tracce sulle scene del crimine. Anche i tentativi di staging posti in essere dal Minghella vennero compiuti con disattenzione senza alcuna cura per la cancellazione di tracce anche biologiche tanto che gli inquirenti capirono immediatamente che si trattava di depistaggi.
Le parafilie. La menofilia
Ritengo che sia particolarmente significativa l’ossessione per il sangue del Minghella che è sfociata in una vera e propria parafilia nota come menofilia; si tratta dell’eccitazione sessuale maschile nei confronti delle donne nel loro periodo mestruale.
In generale la parafilia è un comportamento sessuale atipico che induce il soggetto a percepire una forte e persistente eccitazione erotico-sessuale (nel caso di Minghella avveniva nei confronti di donne mestruate e non consenzienti).
Se la parafilia assurge a dipendenza determinando un’egodistonia del soggetto si parla di disturbo parafiliaco che si associa a tratti patologici di personalità o a veri e propri
disturbi di personalità.
Da un punto di vista criminologico il Minghella rientra altresì in quegli assassini seriali definiti lust murderers (assassini per libidine) e nei power & control (predatori orientati al controllo ed al dominio della vittima).
Tuttavia quanto detto non può comportare in maniera automatica il ritenere l’incapacità di intendere e di volere del Minghella e pertanto non incide sulla sua imputabilità.
In termini semplici, l’esistenza di un disturbo parafiliaco e di una personalità egodistonica non comportano automaticamente l’incapacità di intendere e volere del soggetto che deve invece essere valutata caso per caso e nell’atto concreto della violenza e/o uccisione.
Ritengo pertanto che il Minghella sia un serial killer certamente disorganizzato e con disturbi della personalità ma pienamente capace di intendere la gravità di quanto commesso e di volere anche in maniera ossessiva l’evento che si apprestava a compiere.
Conclusioni
In conclusione può dirsi che non vi sia mai stata desistenza ossia remissione volontaria del coinvolgimento criminale tanto che il Minghella a seguito della semilibertà è tornato a commettere gli stessi reati antecedenti alla sua carcerazione con un forte istinto violento ed omicidiario sfociante nella serialità dei suoi crimini.
Dott.ssa Ludovica Mancini
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