CAPPUCCETTO ROSSO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Questa ondata pandemica, che sta stravolgendo e rivoluzionando del tutto il nostro modo di vivere e vedere la vita, non deve in alcun modo distogliere lo sguardo dalla violenza di genere.
Non esiste solo il Covid 19, che nel frattempo sta mietendo migliaia di vittime e disseminando terrore psicologico frammisto ad insicurezza, ai sopravvissuti di una società, altrettanto stanca ed esausta di cotanto dolore e morte. Eppure, sembrerebbe così per molti, o forse per gli aguzzini delle numerose donne, vittime di violenze ogni giorno, che neanche il Covid 19 riesce a fermare.
Donne di ogni età ed estrazione sociale, donne che lottano due volte per rimanere in vita: una prima volta cercando di sfuggire al proprio carnefice, ed una seconda volta sperando di non essere colpite dal virus dell’indifferenza di molti.
Il lupo (il carnefice) mai sazio di generare violenza sulla donna, in questo momento di emergenza sanitaria si sente più forte, avendo la possibilità di poter controllare la propria vittima, rinchiusa in quattro mura domestiche, senza purtroppo poter uscire e spiata h 24 dentro casa.
I numeri del resto parlano chiaro: dal mese di gennaio ad oggi, si sono registrati 21 casi di femminicidio, uno ogni 72 ore, dei quali gli ultimi hanno avuto come giustificazione, da parte dell’assassino la trasmissione del virus da parte della vittima e di conseguenza la morte della stessa.
I NUOVI TERRIBILI CASI
Caso emblematico è stato il femminicidio verificatosi a Furci Siculo, nel Messinese, nella notte tra il 30 e il 31 marzo 2020 da parte di Antonio De Pace, infermiere di 28 anni, nei confronti della fidanzata Lorena Quaranta, 27 anni laureanda in Medicina e Chirurgia.
Lorena è stata accoltellata, colpita con una lampada, presa a calci e pugni ed infine strangolata. In seguito, l’aggressore si sarebbe procurato delle ferite superficiali al collo e ai polsi, tentando così il suicidio, come ultimo atto delle migliori tragedie.
Ma non ci è riuscito e nelle prime ore del mattino del 31 marzo ha avvisato i Carabinieri dell’efferato delitto, additando, alla povera Lorena, la colpa di potergli aver trasmesso il Coronavirus, accusa peraltro subito dopo smentita dagli esami disposti per la verifica del contagio.
Ebbene, non è stato il Covid 19 ad uccidere una giovane e promettente medico, che voleva dare una mano ai colleghi esausti in piena emergenza sanitaria, ma ancora una volta un virus che conosciamo bene da anni e che non riusciamo a sradicare: il femminicidio.
IL FEMMINICIDIO DEVE ESSERE ARGINATO
E’ proprio per questo motivo, che in situazioni come queste, occorrerebbe un controllo maggiore da parte delle Istituzioni, per cercare di arginare il problema e sostenere tutte le donne, che in questo momento stanno affrontando una guerra senza pari, armi e difese improprie, donne ancora più sole nella loro solitudine. Perché quando l’emergenza sanitaria svanirà queste donne continueranno a scappare dal loro virus più temuto.
Tuttavia, in piena pandemia le Istituzioni, che fanno già fatica a cercare di districarsi in questa emergenza sanitaria ed economica, non sono in grado di intervenire a tutela di queste donne, cosa si può fare per dare loro un aiuto in concreto?
LA RESPONSABILITA’ DI OGNUNO DI NOI
In questo momento entra in gioco la responsabilità sociale di ognuno di noi, perciò ogni qualvolta sentiamo delle urla provenire dalla porta a fianco dobbiamo verificare ed attivarci. E non giustifichiamo la nostra indifferenza con la tutela della privacy, che vige nel nostro ordinamento, poiché in questo momento critico non può parlarsi di privacy ma deve prevalere la tutela delle vittime vulnerabili che sono abbandonate a loro stesse.
E se ciò non bastasse a svegliare le nostre coscienze, pensiamo che anche i minori, in questo momento di isolamento forzato domiciliare, diventano vittime di violenza assistita in quanto testimoni dei soprusi e delle sofferenze a cui vengono sottoposte le loro madri.
Dai dati raccolti emerge un dato preoccupante, ma quanto scontato, che registra una diminuzione del 50% delle denunce telefoniche e ciò a causa del controllo a cui sono sottoposte le donne maltrattate. C’è il rischio che questi maltrattamenti restino impuniti, non solo per paura o vergogna da parte delle vittime, ma anche perché pensano che non siano in grado di farli emergere concretamente dopo questo periodo di isolamento.
I NOSTRI CONSIGLI
Ebbene, cosa può fare la vittima per tutelarsi?
E’ consigliabile, a seguito di percosse o maltrattamenti fisici, fare un proprio auto referto tramite foto, qualora, invece, si tratti di maltrattamenti verbali o minacce, registrare con il proprio telefonino le stesse cosicchè si possa costruire un impianto probatorio.
Per avere, inoltre, immediatezza di un aiuto concreto e rapido, si consiglia alle vittime di inviare tutte le prove ad una persona fidata tramite whatstapp.
Ma soprattutto le donne che subiscono soprusi devono capire e ricordarsi che la violenza non è accettabile, solo cosi potranno rompere le catene invisibili che le tengono legate ai loro carnefici.
di Teresa Inzerillo e Federica Rocchi
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