LA TRACCIA
L’imprenditore individuale alfa si rivolge alla società affinché la stessa acquisti un macchinario che è venduto presso il negozio gestito da Caio e glielo conceda poi in locazione finanziaria. Il contratto di leasing viene stipulato e prevede il pagamento, a carico dell’utilizzatore tizio, della complessiva somma di 60000 euro suddivisa in rate mensili dell’importo di 1000 euro ciascuna. Contestualmente la società Gamma e iI fornitore stipulano un patto di riacquisto in forza del quale Caio, in caso di risoluzione per inadempimento del contratto di leasing, e a seguito di apposita richiesta da parte della società Gamma si obbliga a riacquistare il bene a un prezzo prestabilito. Nel corso del rapporto contrattuale, però, tizio non paga le ultime 10 rate pattuite. Caio, pur consapevole di non essersi tenuto e per di essere costretto a riacquista un bene che, in quanto usato, ha ormai perso gran parte del suo valore commerciale, decide di provvedere lui stesso al pagamento dei residui canoni insoluti e versa alla società concedente la somma di 10000 euro. Successivamente Caio cita in giudizio tizio, dichiarando di agire in regresso ai sensi dell’art 1950 cc. e chiedendo la restituzione della somma maggiorata degli interessi legali dalla data del pagamento. Tizio, ricevuta la notificazione dell’atto di citazione, si rivolge a un legale per un consulto. Il candidato assunte le vesti del legale di tizio, rediga un parere motivato illustrando le questioni sottese al caso in esame e indicando la linea difensiva più utile a tutelare la posizione del proprio assistito.
SCHEMA
Per la risoluzione del caso in esame occorreva analizzare l’istituto del leasing così come disciplinato dagli articoli 1 comma 136, 137, 138 della legge 124/17 ed in particolare sugli effetti della risoluzione per inadempimento, poi soffermarsi sull’istituto del pagamento del debito altrui (art. 1180 c.c.) e sull’azione di regresso ex art. 1950 c.c.
Dopo aver definito il leasing finanziario, era oppurtuno precisare che la Suprema Corte, con una recentissima e condivisibile pronuncia (Cass., 29 marzo 2019, n. 8980), ha ritenuto che la legge 124/17 “ha tipizzato la locazione finanziaria quale fattispecie negoziale autonoma distinta dalla vendita con riserva di proprietà … escludendo la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo e facendo così venir meno una bipartizione che non è fondata su alcuna norma di legge”.
Ciò posto, bisognava inquadrare la fattispecie concreta nell’art. 1 comma 137 il quale stabilisce che “costituisce grave inadempimento dell’utilizzatore il mancato pagamento di almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali anche non consecutivi o un importo equivalente per i leasing immobiliari, ovvero di quattro canoni mensili anche non consecutivi o un importo equivalente per gli altri contratti di locazione finanziaria”. Dunque, evidenziare che nel caso in esame trattasi di locazione finanziaria per la quale Tizio è inadempiente in quanto non ha pagato le ultime 10 rate.
Puntualizzare, inoltre, che tale normativa prevede un particolare effetto in caso di risoluzione per inadempimento : art1 comma 138 “ In caso di risoluzione del contratto per l’inadempimento dell’utilizzatore ai sensi del comma 137, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed e’ tenuto a corrispondere all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato, dedotte la somma pari all’ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, solo in linea capitale, e del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto, nonche’ le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. Resta fermo nella misura residua il diritto di credito del concedente nei confronti dell’utilizzatore quando il valore realizzato con la vendita o altra collocazione del bene e’ inferiore all’ammontare dell’importo dovuto dall’utilizzatore a norma del periodo precedente. 139. Ai fini di cui al comma 138, il concedente procede alla vendita o ricollocazione del bene sulla base dei valori risultanti da pubbliche rilevazioni di mercato elaborate da soggetti specializzati (…)”.
Poi, bisognava analizzare il punto centrale del parere, ovvero l’art. 1180 c.c.
Tale articolo disciplina il pagamento di un debito altrui da parte del terzo: “L’obbligazione può essere adempiuta da un terzo , anche contro la volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione. Tuttavia, il creditore può rifiutare l’adempimento offertogli dal terzo, se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione”.
E’ evidente, quindi, che il debitore Tizio aveva diritto di rifiutare il pagamento che il terzo Caio aveva eseguito al posto suo.
Poi, bisognava aggiungere che sul punto la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che colui che ha adempiuto spontaneamente un obbligazione altrui non si surroga al creditore né può agire in regresso contro il debitore poiché sia la surrogazione che il regresso presuppongono una prestazione da parte di chi vi sia tenuto con altri o per altri (Cass. Civ. 2872/76, Cass. Civ. 11417/02).
Quindi, si poteva concludere che Tizio avrebbe avuto diritto di eccepire a Caio il difetto di legittimazione ad agire in regresso ed anche il diritto di richiedere allo stesso il risarcimento del danno laddove avesse dimostrato che, dalla vendita del bene ex art. 1 comma 138 della legge 142/17, avrebbe ottenuto una maggior somma rispetto ai €10.000,00 che Caio aveva versato.
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